L’invecchiamento è un processo graduale e continuo di mutazione naturale che inizia nella prima età adulta. Durante i primi anni della mezza età, molte funzioni corporee cominciano un declino graduale. L’invecchiamento è un processo inevitabile e fisiologico, che viene considerato dalla società come una fase di decadenza e scarsa produttività.
In realtà, bisognerebbe guardare alla terza età come a un momento altrettanto importante della vita che non va assolutamente sottovalutato e porsi l’obiettivo di rendere la terza età una risorsa per la società, generando un vero e proprio cambiamento culturale.

Cosa si intende per “invecchiamento attivo”?
Esiste infatti l’invecchiamento attivo, definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2002 come “il processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita delle persone che invecchiano”.
In Europa, per far fronte ai cambiamenti demografici in atto ed evitare il collasso dei sistemi di welfare, uno dei risultati più rilevanti a partire dal 2012 è stato lo sviluppo di una misura dell’invecchiamento attivo, ovvero l’Active Ageing Index (AAI), uno strumento di valutazione comune e condiviso.
Per l’Italia è stato fondamentale il contributo dell’Istat, non solo per la sua attiva partecipazione al gruppo di esperti sull’AAI promosso da Unece e dalla Commissione europea, ma anche perché si è fatto promotore del calcolo dell’indice di invecchiamento attivo a livello nazionale e a livello europeo.
Nord e Sud Europa: le differenze
Ciò che emerge dal documento pubblicato dall’Istat è che esiste una divisione netta tra Paesi dell’Europa del Nord e Continentale e Paesi del Sud e dell’Est Europa.
I primi raggiungono i punteggi più alti, mentre i paesi mediterranei e dell’Europa orientale sembra che non siano ancora pronti ad affrontare adeguatamente il crescente invecchiamento della popolazione.
L’Italia, tra il 2008 e il 2018, dopo un iniziale miglioramento conseguito nel 2012, peggiora e scende di posizione nella graduatoria.
Nei Paesi del Nord Europa, in particolare quelli scandinavi, prevale un modello più universalistico, in cui le prestazioni contro la disoccupazione e le politiche attive sul mercato del lavoro rivestono un ruolo essenziale al fine di ridurre i fenomeni di povertà ed emarginazione sociale.
Ciò si riflette in alti tassi di occupazione per tutte le classi di età, per entrambi i generi. L’altro tratto distintivo è una maggiore quota della spesa sociale destinata alla fornitura di beni e servizi forniti ai cittadini.
Nei paesi dell’Europa Meridionale, tra i quali l’Italia, prevale un modello di welfare mediterraneo di tipo “familista”, dove è la famiglia a occuparsi della cura e assistenza ai propri componenti e lo Stato assume un ruolo più marginale.
In Italia, infatti, è ancora la famiglia a farsi carico dei bisogni di assistenza, come emerge dai risultati dell’indice di invecchiamento attivo, al contrario dei Paesi del Nord Europa.
Un nuovo ruolo per gli anziani
Nel nostro Paese i dati mettono in evidenza un profondo mutamento nella piramide demografica, con una percentuale di anziani superiore a quella dei giovani
Per affrontare questa situazione è necessaria una nuova governance che riconsideri completamente il ruolo delle persone anziane e il contributo che queste possono offrire alla crescita e al benessere del paese.
Nello studio pubblicato dall’Istat sono stati utilizzati 22 indicatori, in grado di monitorare i risultati nei diversi ambiti, utili soprattutto per la valutazione e l’adozione di politiche adeguate di sostegno all’invecchiamento attivo.
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